venerdì 23 febbraio 2007

le impressioni di un protagonista

Anche oggi l’allenamento!
Comincia ad essere un po’ pesante il dover uscire da scuola in fretta e furia, arrivare a casa, mangiare velocemente un piatto di pasta (all’olio e nient’altro!) e correre via per essere puntuale in campo.
Certe volte verrebbe voglia di mollare tutto.
Certe volte mi domando perché continuo a impegnarmi, a dare tutto me stesso per un traguardo che non esiste.
Certe volte mi domando perché sono qui, su questo campo, a correre, a provare schemi, a premere i bottoni del cardiofrequenzimetro, senza un perché, senza una ragione logica.
Non ho un futuro, non ho una speranza, non ho niente davanti a me.
La domenica, a volte, guardo con invidia i miei compagni che indossano la maglia da gara e penso che non avrò mai questa possibilità, poi penso che magari se lo meritano e quindi sono felice, perché almeno loro stanno vivendo i loro sogni ed è giusto che se li godano.
L’amarezza rimane, però, perché sembra che nessuno si accorga di me (e degli altri nella mia condizione).
Nessuno mi dice niente, né una parola, di conforto o di condanna non importa, nessuno mi ha mai parlato, mi ha mai spiegato il perché della mia condizione.
A volte mi sembra di essere un fantasma, un’entità astratta che vaga per il campo, con gli altri che ti passano accanto senza vederti.
A volte credo che non sappiano neanche come mi chiamo e perché io sia lì in mezzo agli altri.
A volte mi immagino di essere lì in prova, proveniente da un’altra squadra, chiamato per vedere se valgo qualcosa e se magari sono degno di avere un posto in squadra. Ma il sogno svanisce presto, visto che quando arrivano i veri ragazzi in prova la cosa cambia e ricevono le giuste attenzioni. Chissà cosa succederebbe se arrivassi agli allenamenti con la borsa di un’altra squadra e dicessi che mi hanno mandato a provare. Se ne accorgerebbero?
Eppure non era così che pensavo andassero le cose.
Pensavo che il Mister parlasse, che ci spiegasse le sue scelte, che ci considerasse tutti come parti di un progetto, chi più e chi meno importanti per la sua realizzazione, ma tutti necessari.
Niente, non una parola.
Domenica dopo domenica la squadra è sempre la stessa. Non importa più impegnarsi o meno durante gli allenamenti, tanto questo non ha nessuna influenza sulle scelte operate. Addirittura non importa neanche venire agli allenamenti (impegni, malattie, infortuni), tanto la domenica chi deve giocare gioca. Le convocazioni sono una cosa irreale. Un foglio, in magazzino e devi passare di lì a guardare se sei nella lista o meno. Non una parola, né una spiegazione sulle scelte. Oggi la quasi totalità non passa più neanche a guardare, tanto non serve a niente, chi è nella formazione sa che giocherà comunque e quelli come me sanno che il proprio nome non ci sarà mai scritto.
A volte la notte mi sveglio. I sogni sono diventati incubi. Sogno di essere a giocare, di disputare una partita. Non sto andando male, riesco a controllare gli avversari. Improvvisamente, mentre sono vicino alla linea laterale, un uomo mi si avvicina e mi urla “Ma tu chi sei? Cosa ci fai qui? Esci subito da lì e lascia il posto a chi deve giocare!”. Mi sveglio e sento le lacrime che arrivano. Riesco a ricacciarle indietro e a farmi forza.
Anche oggi pomeriggio sarò di nuovo sul campo ad allenarmi.
Ancora avanti, ancora allenamenti verso il nulla.

le riflessioni

Perchè parlare di calcio giovanile? Perchè ce n'è bisogno. Perchè non sono tutte rose e fiori. Perchè i problemi sono tanti e non vengono mai affrontati, nascondendosi sempre dietro l'ipocrisia di discorsi come "..sono ragazzi...", "..l'importante è divertirsi...", ecc. ecc.
Vorrei raccogliere le esperienze, in positivo e in negativo di tanti di voi che sono coinvolti, in un modo o nell'altro.